29 febbraio 2008

Il silenzio che uccide...

2197
SONO I GIORNI ORMAI PASSATI
DA QUANDO INGRID BETANCOURT
E' STATA SEQUESTRATA

Firma anche tu la petizione per la sua liberazione


Da Lettera dall’inferno a mia madre e ai miei figli di Ingrid Betancourt (Garzanti Libri)


Giungla colombiana
mercoledì 24 ottobre
ore 8 e 34
in un mattino piovoso, come la mia anima


Mia piccola mamma cara e adorata,
ogni giorno mi alzo e ringrazio Dio perché ho te. Ogni giorno apro gli occhi alle 4 e mi preparo, in modo da essere ben sveglia quando ascolterò i messaggi della trasmissione La carrilera de las 5. Ascoltare la tua voce, sentire il tuo amore, la tua tenerezza, la tua fiducia, il tuo impegno per non lasciarmi sola, ecco la mia speranza quotidiana. Ogni giorno chiedo a Dio di benedirti, di proteggerti e di consentirmi in futuro di restituirti tutto questo, di trattarti come una regina, accanto a me, perché non sopporto l’idea di trovarmi di nuovo lontana da te.
Qui la giungla è molto fitta, i raggi del sole vi penetrano a fatica. Ma è soprattutto un deserto di affetti, di solidarietà, di tenerezza, ed è per questo che la tua voce è il cordone ombelicale che mi lega alla vita. Sogno di abbracciarti così forte da rimanere incrostata a te. Sogno di poterti dire: «Mamma, mamita, non piangerai mai più per me, né in questa vita e neppure nell’altra». Ho chiesto a Dio che mi consenta un giorno di provarti tutto quello che tu significhi per me, di poterti proteggere e di non lasciarti mai più sola, nemmeno un secondo. Nei miei progetti di vita, se un giorno ritroverò la Libertà, mamita, voglio che tu pensi di vivere con noi, o con me. Mai più messaggi, mai più telefonate, mai più distanza, nemmeno un metro ci deve separare, perché io so che tutti quanti possono vivere senza di me, ma non tu. Mi nutro ogni giorno della speranza che staremo insieme, e vedremo che Dio ci mostrerà la strada e ci organizzeremo. Ma la prima cosa che ti voglio dire è che senza di te non sarei riuscita a resistere fino a ora. (…)
Mamita, sono stanca, stanca di soffrire. Sono stata, ho cercato di essere forte. Questi sei (quasi) anni di prigionia mi hanno dimostrato che sono meno coraggiosa,
intelligente e forte di quel che pensavo. Ho combattuto molte battaglie, ho cercato di scappare più di una volta, ho cercato di conservare la speranza così come si tiene la testa sopra il pelo dell’acqua. Ma oggi, mamita, mi sento sconfitta. Vorrei pensare che un giorno uscirò di qui, ma mi rendo conto che quello che è successo ai deputati, e che mi ha fatto molto soffrire, può capitare anche a me, in qualunque momento. Credo che sarebbe un sollievo per tutti. (…)
Mamita, per me è un momento molto duro. All’improvviso, vogliono delle prove della mia esistenza e così ti scrivo, la mia anima sospesa su questo foglio. Fisicamente, sto male. Non mangio più, mi manca l’appetito, perdo molti capelli. Non ho voglia di niente. Credo che l’unica cosa positiva sia questa: non aver voglia di niente. Perché qui, in questa giungla, l’unica risposta è: «No». Allora è meglio non desiderare nulla, per restare almeno libera dai desideri. Sono tre anni che chiedo un dizionario enciclopedico per avere qualcosa da leggere, per imparare qualcosa, per mantenere viva la curiosità intellettuale. Continuo a sperare che me ne procurino uno, magari solo per compassione, ma è meglio non pensarci. Qui, qualunque cosa è un miracolo. (…)

Qui la vita non è vita, è solo un lugubre spreco di tempo. Vivo o sopravvivo, su un’amaca tesa tra due pali, ricoperta da una zanzariera e da una tenda che fa da tetto e mi lascia pensare che ho una casa. Ho una tavoletta su cui metto le mie cose, cioè il mio zaino con i miei abiti e la Bibbia, che è il mio unico lusso. È tutto pronto, così possiamo partire di corsa. Qui niente è di qualcuno, niente dura, l’unica costante sono l’incertezza e la precarietà. In qualunque momento, possono dare l’ordine di fare i bagagli, e ciascuno di noi deve dormire in fondo a qualunque buco, sdraiandosi ovunque, come gli animali. Per me sono momenti particolarmente difficili. Le mie mani diventano madide, il mio spirito si annebbia, finisco per fare qualunque cosa due volte più lenta del solito. Le marce sono un calvario, perché il mio equipaggiamento è molto pesante e riesco a portarlo a malapena. A volte i guerrilleros si prendono alcune delle mie cose per alleggerire il peso, ma mi lasciano «il vasellame», cioè quello che ci serve per lavarci e che pesa di più. È tutto così stressante, perdo le mie cose o me le confiscano, come i jeans che Mélanie mi aveva regalo per Natale, quelli che avevo addosso quando mi hanno presa. Non li ho più visti. L’unica cosa che sono riuscita a salvare è la giacca, ed è stata una benedizione, perché le notti sono gelide e non avevo nient’altro per proteggermi dal freddo. Prima, mi piaceva moltissimo fare il bagno nel fiume. Siccome sono l’unica donna del gruppo, ci devo andare quasi tutta vestita: calzoncini, camicia, stivali! Come le nostre nonne di una volta. Prima mi piaceva nuotare nel fiume, ma adesso non ho nemmeno più il fiato per farlo. Sono fiacca, freddolosa, sembro un gatto davanti all’acqua. Io che amavo l’acqua così tanto, non mi riconosco più. Durante la giornata avevo l’abitudine di fare un paio d’ore di ginnastica, a volte tre. Avevo inventato un attrezzo, una specie di banchetto fatto con dei rami, che avevo battezzato «step», pensando agli esercizi della palestra: l’idea era di salire e scendere, come se fosse stato uno scalino. Aveva un pregio, non occupava molto spazio. Perché a volte i campi sono così piccoli che prigionieri si trovano in pratica gli uni sugli altri. Ma da quando hanno diviso i gruppi, non ho né la voglia né l’energia di fare niente. Faccio qualche stiramento, perché lo stress mi blocca il collo, che mi fa molto male. Con gli stiramenti, lo split e tutto il resto, a volte riesco a rilassare un po’ il collo. Ecco tutte le mie attività, mamita. Faccio di tutto per restare silenziosa, parlo il meno possibile per evitare problemi. La presenza di una donna in un gruppo di uomini che sono prigionieri da otto o dieci anni è un problema. Ascolto rfi e la bbc, scrivo molto poco perché i quaderni si accumulano e trasportarli è un’autentica tortura: ho dovuto bruciarne almeno quattro. Inoltre, quando ci sono le ispezioni, ci prendono le cose a cui teniamo di più. Una tua lettera, che era riuscita a raggiungermi, mi è stata sequestrata dopo l’ultima prova di esistenza in vita, nel 2003. I disegni di Anastasia e di Stanis, le foto di Méla e Loli, lo scapolare di papà, un programma di governo in 190 punti che avevo annotato nel corso degli anni: mi hanno preso tutto. Ogni giorno mi resta un po’ meno di me stessa.

Ingrid Betancourt

28 febbraio 2008

LEGGERE DANTE - Voci per il Poeta

Programma 2008


29 febbraio 2008, ore 16.30
Toni Servillo
Amici

13 marzo 2008, ore 16.30
Gabriele Lavia
Donne

3 aprile 2008, ore 16.30
Anna Bonaiuto
Giustizia

15 aprile 2008, ore 20.30
Giulia Lazzerini
Ricchezza


Ogni lettura sarà introdotta da Riccardo Bruscagli


Saloncino del Teatro della Pergola
Via della Pergola, 30 - Firenze


Ingresso gratuito su prenotazione al numero 055.2675811

26 febbraio 2008

HURT



I hurt myself today
To see if I still feel
I focus on the pain
The only thing that's real
The needle tears a hold
The old familiar sting
Try to kill it all away
But I remember everything


[Chorus:]
What have I become
My sweetest friend
Everyone I know goes away
In the end
And you could have it all
My empire of dirt
I will let you down
I will make you hurt


I wear this crown of thorns
Upon my liar's chair
Full of broken thoughts
I cannot repair
Beneath the stains of time
The feelings disappear
You are someone else
I am still right here


[Chorus:]
What have I become
My ssweetest friend
Everyone I know goes away
In the end
And you could have it all
My empire of dirt
I will let you down
I will make you hurt


If I could start again
A million miles away
I would keep myself
I would find a way

24 febbraio 2008

Corso di fiorentino

ABBOLLORE: Di qualcosa estremamente calda. "La minestra è abbollore!" (da bollore)

A UFO: A sbafo. Dalla sigla A.U.F. (ad usum fabricae), posta sui materiali destinati alla costruzione del Duomo di S. Maria del Fiore, esenti da ogni dazio e gabella

AZZANELLA: Parte della carreggiata esterna all'asfaltatura, spesso dissestata.

CHIORBA: Testa. "Che chiorba dura tt'hai!"

PEZZOLA: Fazzoletto, spec. di grandi dimensioni.

TATTAMEO: persona stupidotta, bischera. "tu sei proprio un tattameo"

TOCCO: L'una, le tredici, riferito all'ora: "Che ora è?" L'é il tocco e un quarto!"

TU' NE TOCCHI!: Letteralmente, ti picchio, usato in maggioranza dai genitori verso i figli capricciosi. In alternativa: "tu ne buschi"

VOLERCI LE BINDE: Con grande sforzo e tempo. Da binda, argano [dall'alto tedesco antico 'winde', argano]

ARRIVARE DOPO I FOCHI (DI SAN GIOVANNI): A Firenze, a giugno, si festeggia la festa del santo patrono (San Giovanni Battista). Questa festa comprendeva tornei, un palio di cavalli (ricordato da Dante e Boccaccio), una fiera. Alla fine c´erano i fuochi sui quali si facevano saltare uomini e bestie in base alla tradizione della benedizione `per ignem´. Arrivare a fuochi spenti significa arrivare a cose fatte.

CHE S'HA A' IRE?: andiamo via? Letteralmente: che s'ha ad andare via?

BISCHERO: Persona poco acculturata e poco furba, che assume atteggiamenti chiaramente poco convenevoli e poco convenienti. L'origine di questo termine non è chiaro, anche se l'ambiente è chiaramente quello Toscano, da Firenze fino alla maremma. Per qualcuno deriva dall'organo genitale maschile, per altri dal cognome d'una antica famiglia fiorentina celebre per gli investimenti finanziari sbagliati, per altri ancora dalla chiave che regola gli strumenti a corda, per finire con il bischero di padule, che è quell'arbusto che cresce sulle sponde delle paludi, o dei fossi d'acqua ferma, che avendo il peso sulla sua estremità, è sempre in continuo ondeggiamento, per cui ogni piccola ventata lo muove, come il bischero che si lascia convincere dal primo venuto, senza valutare "con la zucca" sulle spalle. Quindi, anche se usato in maniera scherzosa ed abbastanza colloquiale, significa stupidotto, scemotto, quando non significhi qualcosa di peggio: dipende quindi anche dal tono di voce che viene usato, e dal contesto in cui viene detto. Dall'aggettivo personale, deriva anche l'aggettivo più relativo ad una situazione o ad un contesto: quando si commette una bischerata, significa che si è fatto un qualcosa senza pensarci troppo su, ed il risultato è stato chiaramente fallimentare, come del resto sarebbe stato lecito attendersi, se solo ci avessimo pensato un poco prima di agire!

AVERE LE CHECHE: O anche le Idee, significa assumere un comportamento da cui traspare con evidenza o un certo stimolo sessuale, oppure una lieve insanezza temporanea che porta a fare discorsi poco sensati. nb: io sapevo che si diceva anche di chi è agitato "icchè tu c'hai le cheche?"

EH! SE FOSSI NE' MI' CENCI...!: Richiamo di colui che parla, alle proprie condizioni di gioventù. oggi si dice anche quando si sta poco bene e ci si riferisce a quando la forma fisica era al top "se fossi ne' mi cenci altro che andare a letto a mezzanotte!"

GANZO: Aggettivo che indica, con una certa ammirazione, qualcosa che è capace di stupire. Indica però anche l´amante della moglie o del marito.

GINGILLONE: Colui che è lento nel fare le cose, che magari ne inizia molte e non ne conclude una.

GORA: Traccia salina che viene lasciata dal sudore estivo o primaverile sotto le ascelle delle camicie.

BONA UGO!: Buonanotte... oppure Figuriamoci!

TUMM'HAI BELLE DIVERTITO!: Mi hai gia' stufato.

PETTATA: Dicesi di pendio molto ripido e difficoltoso. Esempio - Manca ancora molto per arrivare in cima?- Sì, bada che pettata c'è da fare ancora!!!

PUNTO : Non è punto la macchina Fiat, ovvero, non è per nulla la macchina Fiat. Punto è proprio un avverbio di negazione assoluta, che sta a significare che di quella cosa, non ce ne sta proprio neanche una piccolissima parte. "C´hai del pane? Non ce n´ho proprio punto! A si?" "Non va punto bene!" "Si sta bene oggi, non fa punto freddo"

DIACERE : Dormire. Es.: "A ì' tocco si va a desinare e dopo si va a diacere a letto ".

O COME TU TI SEI CONCIATO?: Sei vestito male; sei di brutto aspetto.

GIUEEEEE!!! : Esclamazione di stupore

S'ANDA' BENE DI PERRIDERE...!: Frase usata in maniera ironica quando le cose non vanno per il verso giusto. Es.: " M'hanno fatto la multa anche stamattina... eh s'anda' bene di perridere...!"

FAVA: Organo genitale maschile, lo si puo' usare per sostituire"bischero". Es.: " tussei proprio una fava! " da cui viene anche essere sfavato per dire scocciato, girato di ..

ESSERE IN CIAMPANELLE: Stare male... "non essere nei propri cenci"

FARE COME IL MOSCONDORO, CHE GIRA GIRA CASCA SEMPRE NELLA MERDA: Quando un gruppo o una persona non si decide per un posto, un ristorante, una spiaggia e rischia di finire in un postaccio

ESSERE PIU' SUDICIO DEL COCO LANDINO (O COCO LEZZONE): Evidentemente uno chef lercio

ESSERE PIU' DURO DEI SAMMORESI: Si dice perchè gli abitanti di San Mauro a Signa hanno fama di zucconi

PERETOLA (O SESTO), BROZZI E CAMPI E' LA PEGGIO GENIA CHE CRISTO STAMPI: Questi paesi avevano un tempo una sgradevole fama (Malaparte scrive che i pratesi avevano paura a passare per Campi di notte)

BURRASCHE E PUTTANE LE VENGAN DI PISTOIA: Le nubi nere vengono sempre da ovest...
LEATI DA TRE PASSI: Modo elegante per mandare al diavolo qualcuno, letteralmente spostati di 3 passi.

MEGLIO UN MORTO IN CASA CHE UN PISANO ALL'USCIO!: Non ha bisogno di spiegazioni...

SENZA LILLERI, UN SI LALLERA: Senza quattrini non si fa nulla

COSA C'ENTRA IL CULO CON LE QUARANTORE?: L´origine di questo modo di dire fiorentino è attribuita ad un incidente avvenuto in una chiesa fiorentina, durante posizione solenne del Santissimo Sacramento, pratica conosciuta col nome di "Quarantore". Nella chiesa gremita di fedeli sembra che una donna, avvenente e formosa, si sentisse toccare affettuosamente da uno che le stava dietro le sue rimostranze, il colpevole cercò di spiegarle più con i gesti che con le parole che l´aveva fatto senza malizia, a causa del pigia-pigia: "Sono le Quarantore!", bisbigliò candidamente. Al che l´onesta popolana ribattè indignata ed a voce concitata: "Cosa c´entra il c.... con le Quarantore". E dal suo punto di vista, non aveva torto!

DARE LE PASTE: Stravincere, stracciare gli altri concorrenti con tanto anticipo da avere il tempo di cuocere una pastasciutta.

DARE DI BARTA: Ribaltare, capovolgersi. io sapevo uscire di senno. tipo quando uno è ubriaco

FARE FORCA: Saltare la scuola.

COME BERE UN OVO: Facilmente.

AVERE LA BOTTEGA APERTA: Eufemismo per "avere i pantaloni sbottonati davanti". "Tu hai la bottega aperta" dice uno, "bah" fa l'altro, abbottonandosi senza fretta "tanto ì padrone gli è un bischero".

ALLAMPANATO: Persona magrissima: "Secco allampanato"

BRINDELLONE: Persona molto sciatta o trasandato. Oppure, scherzoso, giovanottone non aitante nè ben messo (usato per lo più in questo senso)

CIGNATA: Letteralmente, colpo inferto con una cigna (cinghia, cintura), usato però anche per indicare un forte colpo inferto in generale.

DESINARE: sing. masch. Il pasto principale della giornata, di solito a mezzogiorno. "Dopo desinare" ossia, dopo pranzo. "vo a desinare" ovvero vado a pranzo.

TAMBURLANO: Simbolo di oggetto ingombrante e antiestetico. Usato anche per "Mi hai fatto una testa come un tamburlano", mi hai rintronato con le chiacchere o col frastuono.

DARE I' PANE A FETTE: Fare male, picchiare... "E te lo do io i' pane a fette!!!"

AVE' BEUTO L'ACQUA A I' PORCELLINO: Essere Fiorentini a tutti gli effetti...

CINCI: Pene, per lo piu' piccolo o di bambino.

A CINCI SCIOLTO (A BISCHERO SCIOLTO): A briglia sciolta, senza freni.

20 febbraio 2008

Calenzano: i' mi' paesello

18 febbraio 2008

Risparmio energetico

IL PENSIERO DEBOLE
2/11/2007



LUCIANA LITTIZZETTO
Ma pensa un po’. Il Monte Bianco è cresciuto di due metri. Beato lui. Escludendo che sia un fatto ormonale, se no gli spuntavano anche le tette, come la mettiamo? Dicono che sia un accumulo di ghiaccio. Ma il pianeta non si stava surriscaldando? Qui non si capisce più niente. Neanche sulla temperatura della Terra riescono a mettersi d'accordo. Però continuano a trifolarci l'anima con ’sta storia del risparmio dell’energia. Noi facciamo di tutto. Chiudiamo i rubinetti quando ci laviamo i denti e ci facciamo venire la schiuma alla bocca come i dobermann, le lavatrici le facciamo di notte come i carbonari, mettiamo le lampadine a basso consumo che quando le accendi per un quarto d’ora ti sembra di stare in una stalla, e chiudiamo il frigo quando ancora abbiamo mezza mano dentro a costo di tranciarcela via per non lasciare il frigo aperto. Però qualcuno mi deve spiegare, mi deve dare un motivo uno del perché, nelle città si lasciano interi grattacieli di uffici tutti accesi per tutta la notte e nessuno dice nulla. Non c’è uno che fa un plissè. Torrioni accesi a giorno. Luminarie da casinò di Las Vegas. Con un computer ad ogni scrivania acceso pure quello. Ma che ci vuole a obbligare gli uffici a spegnere le luci?

E già che ci siamo, a installare le lampadine a basso consumo? Ci avete fatto venire due lampadari di Murano così, con le «basso consumo » e poi? No, perché io posso anche leggere a letto solo alla luce del lampione di sotto per risparmiare energia, ma se poi mi sta completamente acceso il grattacielo di fronte mi sento lievemente presa per il culo. E i frigoriferi dei supermercati? Ne vogliamo parlare? Che fa un freddo che neanche in Alaska? Che se tu passi per il corridoio degli yogurt ti devi mettere il passamontagna e le moffole e arrivi alla cassa coi baffi pieni di brina? Non è spreco di energia anche quello? E’ il caso di tenere le mozzarelle alla temperatura degli igloo? Mi chiedo. Che se compri un etto di burro poi per cucinare devi stirarlo altrimenti ti tocca tagliarlo con la motosega? Ci sono frigoriferi a banco lunghi sessanta metri. All’altezza dei salami ti comincia a colare il naso, ai latticini hai la punta delle dita blu, davanti alla pasta per le pizze cominci ad avere la broncopleurite, quando arrivi al latte fresco e yogurt hai tutti i sintomi del congelamento e ti butti sul girarrosto coi polli che sfrigolano perché ti sembra di entrare in una baita al caldo. Ma mettete una porta a ’sti frigo. Che consumano un lago artificiale di corrente al giorno. E i led luminosi che noi dobbiamo spegnere pena la distruzione del pianeta? Quegli occhietti rossi che ci guardano dalla sala? Noi li spegniamo, sì sì. Poi andiamo al super e ci sono 42 televisioni accese che trasmettono tutte lo stesso programma. Questi non sono sprechi di energia, cari politici miei? I casi sono due. O cercate di risolvere in qualche modo la questione o se no dite: il risparmio energetico era una delle solite nostre cazzate, fate pure quel che volete, usate il laser per tagliare il salmone e lavatevi i denti nella vasca da bagno!

Fonte: LASTAMPA.it

16 febbraio 2008

MONA LISA




Mona Lisa, Mona Lisa
Men have named you
You're so like the lady with the mystic smile
Is it only cause you're lonely
They have blamed you
For that Mona Lisa strangeness in your smile

Do you smile to tempt a lover, Mona Lisa
Or is this your way to hide a broken heart
Many dreams have been brought to your doorstep
They just lie there, and they die there
Are you warm, are you real, Mona Lisa
Or just a cold and lonely, lovely work of art

[Instrumental Interlude]

Do you smile to tempt a lover, Mona Lisa
Or is this your way to hide a broken heart
Many dreams have been brought to your doorstep
They just lie there, and they die there
Are you warm, are you real, Mona Lisa
Or just a cold and lonely, lovely work of art

Mona Lisa, Mona Lisa

13 febbraio 2008


Credo che non capiate: non mi sento totalmente perso in un universo ostile e ghiacciato; sono totalmente perso in un universo ostile e ghiacciato.

12 febbraio 2008

DORMI AMORE, LA SITUAZIONE NON È BUONA




Lo consiglio perché: è un CD straordinario, per spessore ed intensità. Parla d’amore, di cronaca e di costume, con una semplicità disarmante.
“Ciliegina sulla torta” il bellissimo brano Hai bucato la mia vita, del compositore Lodovico Eimaudi con le sue inconfondibili sonorità.

11 febbraio 2008

Moderna lezione di saggezza

Quando vuoi sapere se il posto dove ti trovi è ricco o povero, guarda la spazzatura.
Se non vedi immondizia né pattumiere, vuol dire che è molto ricco.
Se vedi pattumiere ma non immondizia, è ricco.
Se l’immondizia è accanto alle pattumiere, non è né ricco né povero: è turistico.
Se vedi l’immondizia e non le pattumiere, è povero.
E se c’è gente che abita in mezzo ai rifiuti, vuol dire che è molto, molto povero.

(Eric-Emmanuel Schmitt - Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano)

10 febbraio 2008

Pomeriggi invernali





8 febbraio 2008

Lezione di Economia Politica

TITOLO: Hai 2 mucche...


SOCIALISMO:
Hai 2 mucche…
Il tuo vicino ti aiuta ad occupartene e tu dividi il latte con lui.

COMUNISMO:
Hai 2 mucche…
Il governo te le prende e ti fornisce il latte secondo i tuoi bisogni.

FASCISMO:
Hai 2 mucche…
Il governo te le prende e ti vende il latte.

NAZISMO:
Hai 2 mucche…
Il governo prende la vacca bianca ed uccide quella nera.

DITTATURA:
Hai 2 mucche…
La polizia te le confisca e ti fucila.

FEUDALESIMO:
Hai 2 mucche…
Il feudatario prende metà del latte e si tromba tua moglie.

DEMOCRAZIA:
Hai 2 mucche…
Si vota per decidere a chi spetta il latte.

DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA:
Hai 2 mucche…
Si vota per chi eleggerà la persona che deciderà a chi spetta il latte.

ANARCHIA:
Hai 2 mucche…
Lasci che si organizzino in autogestione.

CAPITALISMO:
Hai 2 mucche...
Ne vendi una per comprare un toro ed avere dei vitelli con cui iniziare un allevamento.

CAPITALISMO SELVAGGIO:
Hai 2 mucche…
Fai macellare la prima ed obblighi la seconda a produrre tanto latte come 4 mucche.
Alla fine licenzi l’operaio che se ne occupava accusandolo di aver lasciato morire la vacca di sfinimento.

BERLUSCONISMO:
Hai 2 mucche…
Ne vendi 3 alla tua Società quotata in borsa, utilizzando lettere di credito aperte da tuo fratello sulla tua banca. Poi fai uno scambio delle lettere di credito, con una partecipazione in una Società soggetta ad offerta pubblica e nell’operazione guadagni 4 mucche beneficiando anche di un abbattimento fiscale per il possesso di 5 mucche. I diritti sulla produzione del latte di 6 mucche vengono trasferiti da un intermediario panamense sul conto di una Società con sede alle Isole Cayman, posseduta clandestinamente da un azionista che rivende alla tua Società i diritti sulla produzione del latte di 7 mucche.
Nei libri contabili di questa Società figurano 8 ruminanti con l’opzione d’acquisto per un ulteriore animale. Nel frattempo hai abbattuto le 2 mucche perchè sporcano e puzzano. Quando stanno per beccarti, diventi Presidente del Consiglio.

PRODISMO:
Hai 2 mucche…
Tu le mantieni, il governo si prende il latte e ti mette una tassa su: la stalla, la mangiatoia, la produzione. A te rimane lo sterco. Intanto è in approvazione un disegno di Legge sulla tassazione dei rifiuti organici animali.

MASTELLISMO:
Hai 2 mucche…
Vai in giro promettendo di regalare il latte a tutti e ti fai regalare altre 10 mucche.
Con il latte ci riempi la piscina della moglie a forma di conchiglia.
E contemporaneamente la fai nominare presidentessa del consorzio per i sussidi ai bovini.
Ad un giudice che vuole indagare sulla questione lo trasferisci a Ponza.
E dopo di ciò, quando ti vogliono carcerare, inizi a piangere dicendo che tutti sono contro di te e che non fai parte della casta.

NON C’È PIÙ NIENTE DA FARE



Titolo originale
Non c'è più niente da fare
Regista
Emanuele Barresi
Cast Artistico
Rocco Papaleo, Alba Rohrwacher, Paolo Ruffini, Cristina Cirilli, Stefano Filippi, Isabella Cecchi, Fabrizio Brandi, Valeria Valeri, Raffaele Pisu, Andrea Buscemi, Lucia Poli

Il padrone di un teatrino, dove il gruppo di attori amatoriali "La compagnia dei Perseveranti" fa le prove, decide di sfrattarli e di impiantare nella vecchia struttura una nuova e più redditizia attività.
I Perseveranti sono disposti a tutto pur di non rinunciare ad un luogo per loro fondamentale. Con un cavillo legale potrebbero spuntarla, ma c'è una condizione: devono mettere in scena lo spettacolo che stanno provando entro una data prestabilita. A questo punto si innesta una lotta fra i Perseveranti, che devono andare in scena, e Tommaso Baciocchi, il proprietario, che cerca di ostacolarli. Lo spettacolo da allestire è "Cavalleria Rusticana". Si parla di amori, tradimenti e duelli, nella commedia così come nella vita reale dei personaggi-interpreti si intrecciano amori, tradimenti e scontri estenuanti. Alla fine, però, si va in scena e nella serata del fatidico debutto si ritrovano tutti i personaggi, grandi e piccoli, buoni e cattivi, vincitori e vinti nel teatrino dei Perseveranti.
(
Filmfilm.it)


Sulle note della famosa canzone di Bobby Solo e delle musiche di Mascagni, scorrono sullo schermo le gesta di un gruppo di persone che, nella languida Livorno, si arrabattano per tenere in vita un teatro amatoriale e, nel contempo, per cercare di trovare la soluzione migliore alle pene di ogni giorno. Il problema del lavoro, lo sconforto della solitudine, la malinconia della vecchiaia e la dolcezza di una nuova vita, si fondono e si confondono dando vita ad un pout pourry di sensazioni ed emozioni, che vorrebbe rimandare il senso stesso della vita, basato sostanzialmente sulla necessità di coniugare realtà e sogno. Un manipolo di attori dilettanti trova nel teatro la forza per affrontare le difficoltà della vita, una via d’uscita dal claustrofobico labirinto dell’oggettività che circonda la vita di ognuno. La messa in scena della “Cavalleria rusticana”, in un certo senso sublima le pene reali e trasmette la forza necessaria per superare lo status di “cornuto”, “amante abbandonato”, di “donna sola”. E’ forse per questo che i protagonisti “perseverano” e combattono contro Baiocchi, il cattivo per eccellenza, che in realtà, incarna il senso di profonda ingiustizia che dilaga nell’esistenza di ognuno di loro.Ma i buoni propositi non bastano. Non basta voler approntare un’opera scanzonata e divertente per realizzarla, poi, davvero. Il primo lungometraggio di Barresi risente di una certa ingenuità narrativa, rifacendosi ad uno stile che potremmo definire “pieraccionesco”: innanzitutto il linguaggio, poi le battute, quindi la costruzione del plot. C’è il “figo” della situazione, che però è anche lo “sfigato”, la “bella” impossibile, che però nasconde un dolce segreto, “il bullo” che è il simpaticone, “il sofisticato” che si scontra con la dura realtà. Barresi adopera attori molto bravi per incarnare personaggi che restano incompleti, senza un’identità ben definita.Peccato però. L’idea era carina, e il prodotto sarebbe potuto essere di buon livello. Speriamo che questa esperienza serva a correggere il tiro nell’attesa di una nuova prova. (Teresa Lavanga)

5 febbraio 2008

Suggestioni olandesi

Hendrick Avercamp - Paesaggio invernale con pattinatori

È pieno inverno, il canale è completamente ghiacciato, gli alberi sono spogli e le case sono coperte di neve. Da un comignolo escono volute di fumo, e le persone sono imbacuccate in indumenti pesanti. Deve fare freddo, ma non abbastanza per restare a casa. Il ghiaccio attira una folla di giovani e anziani, ricchi e poveri, contadini e cittadini.
Hendrick Avercamp fu uno dei primi a specializzarsi, divenendo il maestro dei paesaggi invernali olandesi con grandi superfici ghiacciate, cieli carichi di neve e allegri divertimenti invernali. Nel 17° secolo, questi dipinti erano noti come “Wintertjes”(piccoli inverni).
Avercamp era sordomuto, ma malgrado questo handicap si rivelò un eccellente narratore. Dipinse infatti le centinaia di figure con occhio attento nei particolari, come i pattinatori, qualcuno che cade, i bambini sullo slittino, una slitta a cavalli, persone che giocano a golf e ricchi cittadini che conversano. Egli tuttavia rappresentava anche i derelitti, per i quali è un giorno come un altro. Essi trascinano canna e pesce, praticano un foro nel ghiaccio, estraggono l’acqua o chiedono la carità. (RIJKS MUSEUM Amsterdam - Testo a cura di Marleen Dominicus-Van Soest)

Rembrandt van Rijn - Isacco e Rebecca (La sposa ebrea)

Nel 1885, quando vide “La sposa ebrea” di Rembrandt, il pittore Vincent Van Gogh si espresse in modo lirico. “Che dipinto intimo e infinitamente empatico”, disse a un amico. “Credimi, lo penso davvero, darei dieci anni della mia vita per poter sedere davanti a questo dipinto per due settimane con soltanto un tozzo di pane secco”.


Con aria sognante, la donna risponde alle carezze del marito. In quel gesto della mano di lei su quella di lui, Rembrandt è riuscito a mettere tanto amore e tenerezza, da dominare tutta la scena. Si tratta di un gesto così intimo che si ha l’impulso a distogliere lo sguardo.
Gli innamorati rappresentano la coppia biblica di Isacco e Rebecca, che amoreggiano su una panca. Rembrandt ha rappresentato deliberatamente in modo vago l’ambiente circostante (è infatti visibile solo una pianta) per concentrarsi sulle persone. È possibile che a farsi ritrarre nei panni di Isacco e Rebecca sia stata una coppia di contemporanei di Rembrandt.Nel Secolo d’Oro, le persone si facevano spesso ritrarre sotto le spoglie di figure bibliche.
Rembrandt ha raffigurato la coppia in modo spettacolare, dipingendo i volti e le mani in modo piuttosto omogeneo. Per gli indumenti, invece, ha usato un tratto grossolano, con schizzi e spessi strati di colore. In questo modo, il dipinto coglie più luce in certi punti, ad esempio sulla manica giallo dorata dell’uomo e sul vestito rosso. In altri punti, Rembrandt ha graffiato il colore ancora umido, in modo da esporre lo sfondo chiaro. (RIJKS MUSEUM Amsterdam - Testo a cura di Marleen Dominicus-Van Soest)

Johannes Vermeer - La lattaia

“La lattaia” è uno dei dipinti più ammirati di Vermeer. In piedi accanto a una finestra, essa versa il latte in una scodella con un’espressione concentrata e il capo leggermente inclinato. Il fascio di luce naturale guida naturalmente lo sguardo dell’osservatore fino al rivolo di latte. Questo ultimo è raffigurato in modo così magnifico che sembra quasi di vederlo e sentirlo fluire. Nella stanza non accade nient’altro.
La semplicità del soggetto è sottolineata dalla costituzione massiccia della donna e dalle sue mani scure per il lavoro. Il suo vestito è semplice ma colorato, con un corsetto giallo, sopramaniche verdi e una gonna rossa e blu. Si tratta di un ritratto sublime di una giovane donna qualunque, ed è affascinate vedere il modo in cui Vermeer evocava la realtà. Egli prestava attenzione ai dettagli più minuti, come i fori nella parete, un chiodo con la sua ombra e un vetro rotto. La sua capacità di raffigurare i diversi materiali è magistrale. Un esame più attento rivela piccole evidenziature ovunque, a volte opache, a volte brillanti. In alcuni punti, il colore è appena un po’ più spesso e coglie maggiormente la luce. Il pane illustra magnificamente questa tecnica: dei piccoli punti suggeriscono una crosta croccante. (RIJKS MUSEUM Amsterdam - Testo a cura di Marleen Dominicus-Van Soest)

Vincent Van Gogh - Rami di mandorlo in fiore

Il dipinto, che rappresenta il fiorire di una nuova vita, fu dipinto da Van Gogh per celebrare la nascita del figlio di Theo e Jo Bonger, al quale fu dato il nome di Vincent. Il quadro era destinato alla camera da letto dei genitori e Theo in una lettera del 29 marzo 1890 racconta che il piccolo Vincent «è affascinato soprattutto dall’albero in fiore appeso sopra il nostro letto».
Dopo aver completato quest’opera Van Gogh cadde di nuovo ammalato e quando si ristabilì i mandorli erano sfioriti, fatto che lo amareggiò molto, perché rimpianse di aver dipinto un solo quadro con quel soggetto. Dipinse i rami di mandorlo con grande accuratezza, ritoccando ogni singolo bocciolo, ognuno ravvivato da un leggero tocco di rosso, con una minuzia e una precisione ispirate forse da una stampa giapponese di Kunisada.

2 febbraio 2008

I figli di Sandra e Clemente

Gli italiani visti con gli occhi di altri italiani

Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella e sua moglie Sandra Lonardo hanno due figli, Elio e Pellegrino. Pellegrino è sposato a sua volta con Alessia Camilleri. Una bella famiglia come le altre, ma con qualcosa in più. Per sapere cosa, partiamo dal partito di Clemente che, come i più informati sanno, si chiama Udeur.

L’Udeur, in quanto partito votato dall’ 1,4% degli italiani adulti, ha diritto ad un giornale finanziato con denaro pubblico. Si chiama „Il Campanile“, con sede a Roma, in Largo Arenula 34. Il giornale tira circa cinquemila copie, ne distribuisce 1500, che in realtà vanno quasi sempre buttate. Lo testimoniano al collega Marco Lillo dell’Espresso, che ha fatto un’inchiesta specifica, sia un edicolante di San Lorenzo in Lucina, a due passi dal parlamento, sia un’altro nei pressi di Largo Arenula.

Dice ad esempio il primo: “Da anni ne ricevo qualche copia. Non ne ho mai venduta una, vanno tutte nella spazzatura!“. A che serve allora -direte voi- un giornale come quello? Serve soprattutto a prendere contributi per la stampa. Ogni anno Il Campanile incassa un milione e 331mila euro. E che farà di tutti quei soldi, che una persona normale non vede in una vita intera di lavoro? insisterete ancora voi.

Che farà? Anzitutto l’editore, Clemente Mastella, farà un contratto robusto con un giornalista di grido, un giornalista con le palle, uno di quelli capace di dare una direzione vigorosa al giornale, un opinionista, insomma. E così ha fatto. Un contratto da 40mila euro all’anno. Sapete con chi? Con Mastella Clemente, iscritto regolarmente all’Ordine dei Giornalisti, opinionista e anche segretario del partito. Ma è sempre lui, penserete. Che c’entra? Se è bravo… non vogliamo mica fare discriminazioni antidemocratiche. Ma andiamo avanti.

Dunque, se si vuol fare del giornalismo serio, bisognerà essere presenti dove si svolgono i fatti, nel territorio, vicini alla gente. Quindi sarà necessario spendere qualcosa per i viaggi. Infatti Il Campanile ha speso, nel 2005, 98mila euro per viaggi aerei e trasferte. Hanno volato soprattutto Sandra Lonardo Mastella, Elio Mastella e Pellegrino Mastella, nell’ordine. Tra l’altro, Elio Mastella è appassionato di voli.

Era quello che fu beccato mentre volava su un aereo di Stato al gran premio di Formula Uno di Monza, insieme al padre, Clemente Mastella, nella sua veste di amico del vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli. Ed Elio Mastella, che ci faceva sull’aereo di Stato? L’esperto di pubbliche relazioni di Rutelli, quello ci faceva! Quindi, tornando al giornale. Le destinazioni. Dove andranno a fare il loro lavoro i collaboratori de Il Campanile?

Gli ultimi biglietti d’aereo (con allegato soggiorno) l’editore li ha finanziati per Pellegrino Mastella e sua moglie Alessia Camilleri Mastella, che andavano a raggiungere papà e mamma a Cortina, alla festa sulla neve dell’Udeur. Siamo nell’aprile del 2006. Da allora -assicura l’editorenon ci sono più stati viaggi a carico del giornale. Forse anche perché è cominciata la curiosità del magistrato Luigi De Magistris, sostituto procuratore della Repubblica a Catanzaro, il quale, con le inchieste Poseidon e Why Not, si avvicinava ai conti de Il Campanile.

Ve lo ricordate il magistrato De Magistris? Quello a cui il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, mandava tutti quei controlli, uno ogni settimana, fino a togliergli l’inchiesta? Ve lo ricordate? Bene, proprio lui! Infine, un giornale tanto rappresentativo deve curare la propria immagine. Infatti Il Campanile ha speso 141mila euro per rappresentanza e 22mila euro per liberalità, che vuol dire regali ai conoscenti.

Gli ordini sono andati tra gli altri alla Dolciaria Serio e al Torronificio del Casale, aziende di Summonte, il paese dei cognati del ministro: Antonietta Lonardo (sorella di Sandra) e suo marito, il deputato Udeur Pasquale Giuditta. Ma torniamo un attimo agli spostamenti. La Porsche Cayenne (4000 di cilindrata) di proprietà di Pellegrino Mastella fa benzina per duemila euro al mese, cioè una volta e mezzo quello che guadagna un metalmeccanico.

Sapete dove? Al distributore di San Giovanni di Ceppaloni, vicino a Benevento, che sta proprio dietro l’angolo della villa del ministro, quella con il parco intorno e con la piscina a forma di cozza. E sapete a chi va il conto? Al giornale Il Campanile, che sta a Roma. Miracoli dell’ubiquità.

La prossima volta vi racconto la favola della compravendita della sede del giornale. A quanto è stata comprata dal vecchio proprietario, l’Inail, e a quanto è stata affittata all’editore, Clemente Mastella. Chi l’ha comprata, chiedete? Due giovani immobiliaristi d’assalto: Pellegrino ed Elio Mastella.

Mauro Montanari

Fonte: Corriere d'Italia

1 febbraio 2008

I 50 anni di VOLARE!