25 maggio 2008

61esimo FESTIVAL DI CANNES


Gran Premio della Giuria



Toni Servillo



Premio della Giuria

24 maggio 2008

TEATRO DI GUERRA


TITOLO ORIGINALE: Teatro di Guerra
DURATA: 113 min. ca
ANNO: 1998
REGIA: Mario Martone
CAST: Anna Bonaiuto, Iaia Forte, Andrea Renzi, Maurizio Bizzi, Giovanna Giuliani
GENERE: Teatro
NAZIONALITÀ: Italia


SINOSSI: Napoli, 1994. Durante la guerra civile jugoslava un gruppo di attori teatrali, sceglie di mettere in scena una rilettura del testo di Eschilo I Sette Contro Tebe e di portare lo spettacolo nella Sarajevo assediata come atto di solidarietà culturale. Le prove hanno luogo nei quartieri spagnoli, a Napoli, e diventano l'occasione per mettere a nudo tutti i problemi e le incoerenze degli interpreti. Vite, destini e passioni si intrecciano tra scena e realtà. Sullo sfondo un fedele spaccato della città partenopea anch'essa piena di contraddizioni.


COMMENTO: Teatro di Guerra è un film piccolo, ma grande per i temi, la regia, le musiche e l’interpretazione del cast.
Il teatro pervade tutto il film: le prove, con l’interpretazione piena d’energia degli attori; il conflitto tra teatro indipendente e compagnie stabili; l’indifferenza delle autorità alle iniziative culturali.
Lo spettacolo è pronto, ma la festa della prima si conclude nell'amarezza, perché il progetto di allestire lo spettacolo a Sarajevo non si realizza, eppure il tentativo di esprimere solidarietà con la guerra lontana attraverso la propria guerra quotidiana non è stato vano.
Un omaggio al teatro e al suo valore culturale, storico e sociale, da un grande regista del teatro e del cinema italiano.

(Lucky Red)

23 maggio 2008

CUORE



Migliaia di ragazzi in piazza a Palermo un saluto alla bara del giudice Falcone, hanno bisogno di una risposta. Hanno bisogno di protezione. I ragazzi sono stanchi dei boss al potere; i ragazzi non possono stare a vedere, la terra sulla quale crescerà il loro frutto bruciato ed ogni loro ideale distrutto. I ragazzi denunciano chiunque acconsenta col proprio silenzio un'azione violenta. I ragazzi sono stanchi e sono nervosi, in nome di Dio a fanculo i mafiosi. I ragazzi denunciano chi guida lo stato per non essersi mai abbastanza impegnato, a creare una via per chi vuole operare, senza esser costretto per forza a rubare, a creare una via per gli uomini onesti, per dare ai bambini valori robusti che non crollino appena si arriva ai 18, accorgendosi che questo mondo è corrotto. I ragazzi non credono ad alcuna parola di quello che oggi c'insegna la scuola. I ragazzi diffidano di ogni proposta non stanno cercando nessuna risposta, ma fatti, giustizia, rigore morale da parte di chi calza questo stivale. I ragazzi hanno il tempo che gli tiene in ostaggio, ma da oggi hanno deciso di farsi coraggio, cultura di pace, coraggio di guerra, il coraggio di vivere su questa terra e di vincere qui questa nostra battaglia, perché quando nel mondo si parla d'Italia non si dica soltanto la mafia, i mafiosi, perché oggi è per questo che siamo famosi, ma l'Italia è anche un'altra, la gente lo grida: i ragazzi son pronti per vincere la sfida.

(Jovanotti)

22 maggio 2008

FIRMINO. Avventure di un parassita metropolitano


Di Sam Savage
Einaudi
€ 14,00


Traduzione di
Evelina Santangelo


Firmino è la voce di tutti quelli che considerano la lettura e la fantasia il cibo più prezioso per l'anima. Un magico racconto dickensiano nero, divertente e malinconico sul potere di redenzione della Letteratura.


La storia del topo Firmino che si ciba di libri per non morire di fame ha incantato i lettori di tutto il mondo, che lo hanno eletto a simbolo di quella figura emarginata, ma ostinata, che è il lettore di romanzi nella nostra società. (EINAUDI)


Non ne potevo più di topi. Sono ovunque: al cinema, in televisione, nei fumetti, nelle fogne sotto casa. Poi ho conosciuto Firmino.
Solo un topastro sfigato e malinconico come lui mi poteva rimettere in pace con il mondo dei roditori. (Niccolò Ammaniti)

Firmino, il topo che Walt Disney avrebbe inventato se solo fosse stato Borges. Se leggere è il vostro piacere e il vostro destino, questo libro è stato scritto per voi. (Alessandro Baricco)

Firmino racconta di tutti noi il giorno in cui abbiamo scoperto che con un libro potevamo inventare la nostra vita. (Valeria Parrella)

Chi ama leggere farà subito amicizia con Firmino. Questo memorabile topo di biblioteca generato da una pantegana alcolizzata ci insegna che leggere è anche un peccato di gola. I buoni libri, ci ricorda Firmino, si divorano e lasciano, come questo di Sam Savage, il miele in bocca e un po' d'amaro nelle viscere. (Domenico Starnone)


Lo consiglio perché: riesce a fondere insieme umorismo e senso del tragico, sorrisi e lacrime, ricordandoci l'esistenza di un qualcosa che nessun rinnovamento edilizio potrà mai abbattere... la fantasia!

20 maggio 2008

Valore


Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finche' dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si e' risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varra' piu' niente e quello che oggi vale ancora poco. Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'e' il nord, qual e' il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.

Molti di questi valori non ho conosciuto.




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17 maggio 2008

Firenze, in altre lingue…

  • Arabo: فلورنسا
  • Catalano: Flоrència
  • Ceco: Florencie
  • Croato: Firenca
  • Ebraico: פירנצה
  • Francese: Florence
  • Inglese: Florence
  • Islandese: Flórens
  • Latino: Florentia
  • Napoletano: Sciorenza
  • Olandese: Florence
  • Polacco: Florencja
  • Portoghese: Florença
  • Rumeno: Florenţa
  • Russo: Флоренция
  • Sardo: Frorentzia
  • Serbo: Фиренца
  • Siciliano: Firenzi
  • Sloveno: Firence
  • Spagnolo: Florencia
  • Svedese: Florens
  • Tedesco: Florenz
  • Turco: Floransa
  • Ungherese: Firenze
  • Greco: Φλωρεντία

15 maggio 2008

Ho amici che non sanno quanto sono miei amici. Non percepiscono tutto l'amore che sento per loro né quanto siano necessari per me. L'amicizia è un sentimento più nobile dell'amore. Questo fa sì che il suo oggetto si divida tra altri affetti, mentre l'amore è imprescindibile dalla gelosia, che non ammette rivalità. Potrei sopportare, anche se non senza dolore, la morte di tutti i miei amori, ma impazzirei se morissero tutti i miei amici! Anche quelli che non capiscono quanto siano miei amici e quanto la mia vita dipenda dalla loro esistenza... Non cerco alcuni di loro, mi basta sapere che esistono. Questa semplice condizione mi incoraggia a proseguire la mia vita. Ma, proprio perché non li cerco con assiduità, non posso dir loro quanto io li ami. Loro non mi crederebbero. Molti di loro, leggendo adesso questa "crônica" non sanno di essere inclusi nella sacra lista dei miei amici. Ma è delizioso che io sappia e senta che li amo, anche se non lo dichiaro e non li cerco. E a volte, quando li cerco, noto che loro non hanno la benché minima nozione di quanto mi siano necessari, di quanto siano indispensabili al mio equilibrio vitale, perché loro fanno parte del mondo che io faticosamente ho costruito, e sono divenuti i pilastri del mio incanto per la vita. Se uno di loro morisse io diventerei storto. Se tutti morissero io crollerei. E' per questo che, a loro insaputa, io prego per la loro vita. E mi vergogno perché questa mia preghiera è in fondo rivolta al mio proprio benessere. Essa è forse il frutto del mio egoismo. A volte mi ritrovo a pensare intensamente a qualcuno di loro. Quando viaggio e sono di fronte a posti meravigliosi, mi cade una lacrima perché non sono con me a condividere quel piacere... Se qualcosa mi consuma e mi invecchia è perché la furibonda ruota della vita non mi permette di avere sempre con me, mentre parlo, mentre cammino, vivendo, tutti i miei amici, e soprattutto quelli che solo sospettano o forse non sapranno mai che sono miei amici. Un amico non si fa, si riconosce.

11 maggio 2008

Tu sei la mamma...

Giannino Stoppani detto Gian Burrasca (Rita Pavone) - La mamma (Valeria Valeri)

Il giornalino di Gian Burrasca (1964)

7 maggio 2008

Anche se non lo sa più nessuno, il teatro è la cosa più importante del mondo, il fondamento stesso del nostro pensiero. Potrà finire il cinema, potranno anche sparire tutti i libri dalla faccia della terra ma finché ci sarà un 'pensiero' il teatro non morirà.

(Gabriele Lavia)

4 maggio 2008

L'UOMO DI VETRO



REGIA
Stefano Incerti
INTERPRETI
David Coco (Leonardo Vitale), Tony Sperandeo (Zio Titta), Anna Bonaiuto (Rosalia Vitale, madre di Leonardo), Ninni Bruschetta (Bruno Cantone), Francesco Scianna (Salvatore), Tony Palazzo (Angelo Saitta),
Elaine Bonsangue (Anna), Ilenia Maccarrone (Maria Vitale)



E' strano Leonardo Vitale. Si isola spesso. Ogni tanto balbetta. Ha paura del buio. Ha serie difficoltà a fare l'amore con Anna, la sua fidanzata.
Viene arrestato la prima volta, il 17 agosto 1972, come sospettato autore del sequestro Cassina. Leonardo durante l'interrogatorio crolla, si mette persino a piangere. Continua a ripetere che lui non c'entra niente ed inizia a fare nomi e cognomi.
Dopo 43 giorni di cella di isolamento viene rilasciato, ma tornato a casa è depresso, impaurito. Non vuole vedere nessuno e per venti giorni non spiccica una parola. Malgrado le cure di madre e sorella, Leonardo peggiora di giorno in giorno. Alterna la depressione alla paura. Sta sempre a spiare alla finestra e sussulta a ogni rumore. E' convinto che stiano per venire a ucciderlo. Poche settimane dopo Vitale viene internato in una clinica psichiatrica.
Un anno dopo, il 30 marzo del '73, Leonardo insiste con il commissario di essere un assassino. Dice che ha ritrovato la fede in Dio e deve confessare per salvarsi l'anima. In una specie di delirio mistico, chiede persino un sacerdote e confessa che suo zio Titta, l'aveva abituato a uccidere, sottoponendolo a prove sempre più crudeli per farne un vero uomo, un uomo d'onore. Leonardo riempie ben 50 cartelle, raccontando fatti e misfatti della mafia negli ultimi decenni. Elenca i responsabili di centinaia di delitti, e tutti i nomi dei costruttori edili collusi con Cosa Nostra. Redige l'organigramma di tutte le cosche di Palermo, dai picciotti ai capi decina, dai capi mandamento ai capi regione, e persino le loro zone territoriali e le attività economiche. La polizia effettua una trentina di arresti, tra cui alcuni nomi eccellenti. Poi succede qualcosa di inaspettato. Vitale comincia a vacillare. In cella, brucia i suoi vestiti perché acquistati con soldi sporchi. Con un pezzo di vetro si incide una croce sul petto. In aula si presenta con un rosario in mano e comincia a dare spettacolo: lo vogliono pazzo, ebbene, lo sarà! Dice di non ricordare nulla, di non sapere nemmeno cosa sia la mafia. Gli psichiatri e il giudice sono sconcertati, sospettano che sia tutto una messa in scena. Non sanno che il giorno prima dell'udienza, la signora Rosalia è andata a trovare il figlio per comunicargli che il suo amatissimo cugino Totò è stato ammazzato. Per Leonardo comincia il calvario. Ora teme per la sorte della madre e della sorella. Ha persino paura di essere ucciso in carcere. Cade nuovamente in depressione e in stati di angoscia confusionale. Leonardo si sente solo, isolato e soprattutto incompreso. Solo Rosalia Vitale e pochi altri hanno capito che è proprio questo che "loro" vogliono. Non lo vogliono morto, perché la morte di Leonardo rafforzerebbe soltanto le sue accuse. Lo vogliono folle. Perché solo un folle può tradire la mafia, visto che per la legge non è attendibile. Per ben otto volte, Leonardo è sottoposto all'elettroshock. Ogni volta si sveglia più confuso e intontito. Zoppica, balbetta, è diventato irriconoscibile. All'ennesimo interrogatorio Leonardo ricomincia come una litania l'elenco di dichiarazioni cui nessuno sembra voler credere. Sul suo sorriso una scritta ci informa che dopo undici anni di manicomio criminale tornerà in libertà nel 1984.
Pochi mesi dopo viene freddato da un sicario con 5 colpi di pistola. (
cinecittànews)


"L'Uomo di vetro" è tratto dal libro omonimo di Salvatore Parlagreco (Ed. Bompiani) e si ispira alla storia di Leonardo Vitale, il primo pentito di mafia che decise di rompere il muro di omertà che impediva alla magistratura di penetrare il sistema mafioso. Vitale pagò questa scelta con il carcere, il manicomio giudiziario e poi con la vita, dato che la mafia, una volta tornato in libertà non esitò ad assassinarlo. Ma questo, spiega il regista Stefano Incerti, è anche un film sulla libertà di coscienza, sulla forza di andare contro tutti per affermare la propria libertà anche contro le proprie radici e gli affetti: è la lotta di un non-eroe, in parte vittima e in parte colpevole. Isolato dagli amici, dopo dodici anni vissuti tra il carcere e il manicomio giudiziario, sottoposto a numerosi elettroshock per dimostrare la sua follia, Leonardo Vitale fu ucciso nel 1984 dopo pochi mesi dalla sua scarcerazione. (01 DISTRIBUTION)



Critica: "Anche se nel Dna del regista c'è la lezione del cinema d'inchiesta e meridionalista di Rosi, 'L'uomo di vetro' non è un film 'giornalistico'. Piuttosto è interessato a scavare nella complessità di un'anima divisa in due (...) Incerti ha trovato la chiave per raccontare 'la lotta di un non eroe, in parte vittima e in parte colpevole'. Fuori dai cliché." (Paolo D'Agostini, 'la Repubblica', 15 giugno 2007)

"Senza sposare la causa oggi persa e consunta dall'uso del cine poliziesco o della fiction 'Piovra', Stefano Incerti si ispira a un libro per mettere in scena la storia umana del primo pentito di mafia, avendo nel Dna i film di Petri e Giordana. Senza l'enfasi positivista tv, il film entra sottopelle in una esemplare vicenda nevrotica degna del dr. Sacks, sulle spalle di Leonardo Vitale, primo collaboratore di giustizia che nel '72 fece saltare i tavoli di Cosa Nostra ma pure i suoi nervi: restò 11 anni in manicomio criminale. Tutta realtà romanzesca ma vissuta nel trionfo della mitologia, del folklore, del falso onore di padrini e padroni. David Coco è un attore sensibile e bravo, eccede con misura ed esprime con una sua pìetas la fragilità mentale mina, per volere di zio, una vita violenta. Con lui un cast di ottimo livello tra cui due volti necessari come Sperandeo e Bruschetta e la brava Anna Bonaiuto." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 15 giugno 2007)

"L'idea più bella de 'L'uomo di vetro', dal libro di Salvatore Parlagreco sul primo e misconosciuto pentito di mafia (Bompiani), sta tutta nel vecchio slogan della 'banalità del male'. Leonardo (David Coco) ha un'aria da bravo ragazzo, una fidanzatina adorante, una madre (Anna Bonaiuto) che partecipa alla messinscena quotidiana della normalità. Può essere mafioso uno così? Sulle prime non ci crede nemmeno la polizia. Perché non ci creda nessuno, la mafia, pirandellianamente, lo costringe a fare la parte del pazzo. Finendo per farlo quasi impazzire davvero. E qui il film potrebbe avere un'impennata se Incerti e i suoi interpreti non si contentassero di impaginare un raccontino pulito e al fondo convenzionale, ottimo per la tv. Non sono le storie che mancano, sono le ambizioni." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 21 giugno 2007)

"Chi ha apprezzato 'I cento passi' di Giordana non potrà non essere colpito da 'L'uomo di vetro,' il film del bravo Stefano Incerti, tratto dal libro omonimo di Salvatore Parlagreco, dedicato a Leonardo Vitale, primo pentito di mafia. Di grande realismo e di profondo impatto emotivo, la pellicola, disegnando un verosimile affresco del mondo di "cosa nostra", narra la storia di una lucida follia: quella di un "uomo d'onore" che decide di passare dall'altra parte dopo una lacerante crisi di coscienza. (...) Il suo precario equilibrio psichico, reso più fragile dal "facile" ricorso all'elettroshock, fa il gioco della mafia, che lo vuole pazzo: le dichiarazioni di un folle non hanno peso in tribunale. E così accade. Alla fine è quasi il solo a pagare. Rilasciato dopo 11 anni di manicomio criminale, viene ucciso nel 1984. (...) Quello di Incerti è un film a tratti duro ma mai sopra le righe, che non cade nei classici stereotipi mafiosi. Né fa di Vitale - un misurato David Coco - un eroe. Piuttosto vuole raccontare la battaglia interiore di un uomo, al contempo vittima e colpevole, che diventa una lotta, più o meno consapevole, per affermare la libertà di coscienza anche a costo di andare contro le proprie radici e gli affetti. Non siamo ancora al pentitismo strumentale, di mestiere. E alla fine l'impressione è che il ravvedimento di Vitale sia arrivato in anticipo sui tempi, troppo presto per uno Stato non ancora pronto e colpevolmente indifferente: non capì o non volle capire che la follia in parte era l'autodifesa di un uomo lasciato solo con le sue paure." (Gaetano Vallini, 'L'Osservatore Romano', 23 giugno 2007)



Lo consiglio perché: è la storia di una solitudine ma, soprattutto, la storia di un uomo, di un eroe non positivo. È un film amaro, profondamente disilluso, dominato da un senso di ineluttabilità agghiacciante, eppure affascinante nella narrazione di una lotta per la sopravvivenza.



Salvatore Parlagreco, giornalista e scrittore, è autore di romanzi, saggi e antologie. Ricordiamo Le parole del potere, il potere delle parole (Flacovio), Il piacere e il potere (Novecento), La Mafie (Sansoni), Le ragioni della tolleranza (SEI), Le ragioni dei ragazzi (Loescher), La guerra delle due sinistre (Rubbettino). Con Sugarco ha pubblicato Il mistero del corvo. (SugarCO)

2 maggio 2008

LETTERE D'AMORE

Di A.R. GURNEY
Con GIANCARLO ZANETTI - VALERIA VALERI
Regia GIANCARLO ZANETTI



Uno spettacolo diverso e unico. Una grande prova d’attore, e un testo intramontabile, attualissimo e di grande spessore umano sono i segni che portano avanti questo spettacolo da più di dieci anni nei teatri più importanti d’Italia.

Valeria Valeri e Giancarlo Zanetti arricchiscono la scena con la loro grande professionalità. Andarli a vedere lo si fa non solo per il piacere del teatro ma è come andare a scoprire una razza in estinzione, quella dei grandi attori.

Il percorso di due vite, dall'infanzia sino alla vecchiaia, attraverso un toccante ed ironico carteggio epistolare. Melissa e Andy, i protagonisti, si scrivono per tutta la vita rincorrendosi, amandosi, detestandosi, sfuggendosi, perdendosi di vista ma sempre e comunque avendo un fortissimo bisogno l'uno dell'altro. "Love letters" è costruito su un intenso rapporto epistolare tra un uomo e una donna, attraverso cinquant'anni della società americana. Avevano cominciato da bambini, inviandosi bigliettini dai banchi di scuola, una sorta di messaggini ante litteram come per i ragazzi del nostro tempo. Hanno diverso temperamento e condizione sociale: Andy timido, portato alla riflessione; Melissa, di famiglia ricca, è vivace, dispettosa, fin troppo disinvolta. Prendono vie diverse, ma il carteggio continua a tenere vivo il loro legame. Un legame per tutta la vita, e oltre la vita. Una commedia densa di emozioni, divertimento e grande umanità che è stata rappresentata per la prima volta a Broadway nel 1990, riscuotendo grandi successi.

Dal 09/05/2008 al 18/05/2008

(Via Lattanzio, 58 - Milano)

Lo consiglio perché: è una pièce, ironica, brillante, amara, sull'incrocio dei due destini, sulla paura che hanno di se stessi e del loro rapporto, fino disvelamento dei loro veri sentimenti, quando la loro vita è ormai giocata, ma ancora in tempo, l'ultimo, per un amore da sempre inseguito e ritrovato.

Caro Amore mio..., così iniziano le lettere d'amore più prevedibili e scontate. Ma di scontato, in questo spettacolo, vi assicuro, non c'è niente.

ARTICOLI CORRELATI: VALERIA VALERI E LE LETTERE D'AMORE - LETTERE D'AMORE IL RACCONTO DI UNA VITA - "LETTERE D'AMORE" FRA VALERIA VALERI E GIANCARLO ZANETTI, GRANDE TESTO PER DUE GRANDI ATTORI

1 maggio 2008

Après l'amour

Charles Aznavour - Mia Martini
Teatro Sistina (RM), 1977