29 settembre 2008

Chi le ricorda?

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26 settembre 2008

MISS UNIVERSO... in TV!

Questa sera - Ore 23:05

Rai Due Palcoscenico
presenta

dal Teatro Persiani di Recanati

Angela Finocchiaro


in

MISS UNIVERSO

di Walter Fontana

scene e costumi Rosanna Monti

disegno luci Fabrizio Ganzerli

regia teatrale Cristina Pezzoli

regia televisiva Giovanni Ribet

RVM ROMA – dr 1h 42’ c.a.



In questo monologo scritto da Walter Fontana, Angela Finocchiaro offre l’ennesimo saggio del suo talento interpretando senza travestimenti una gamma di personaggi a dir poco surreali con il solo ausilio della mobilità del volto e di differenti registri vocali, esercitando, cioè, il mestiere dell’attore nella sua vera essenza.

In “Miss Universo” la Finocchiaro interpreta la parte di una cinquantenne, Laura, goffa e insicura divorata da un super io inesorabile che impietosamente la giudica e la contrasta.

Con il suo sguardo candido e disarmante, l’attrice ci racconta la storia di una donna piena di nevrosi e di tic, una donna assorbita da mille impegni quotidiani, oppressa dai doveri, prosciugata dal lavoro e dalla famiglia. In questa vita concitata e frustrante, non riuscendo a trovare un momento per se stessa, crolla decidendo di annientarsi.

Ma quando la nostra fragile e nevrotica donna è pronta a fare – letteralmente – il grande salto, buttandosi dalla finestra della sala d’aspetto del suo dermatologo, arriva in soccorso il suo travolgente “immaginario” che la porta a intraprendere uno spericolato viaggio dentro se stessa.

Sarà un viaggio verso la misteriosa terra dell’autostima e dell’accettazione, terra spesso sconosciuta e anche inesplorata per molte donne, che porterà Laura, presa in una vorticosa sarabanda di avvenimenti e riflessioni, a comprendere che per “domare” la vita e le nevrosi che essa comporta bisogna approfittare di tutte le occasioni possibili, dotarsi di autoironia e giocarsi quando è possibile la carta della leggerezza.

Laura non è mai sola. La sua interiorità, da anni, è popolata da ingombranti e alquanto surreali personaggi: una nonna autoritaria, idraulici, antennisti e un dio molto affaticato e circondato da una serie di dei minori sull’orlo di una crisi di nervi. In tutto cio’, molto si ride e la risata è dissacrante e liberatoria.

Sotto la sapiente regia di Cristina Pezzoli, una Angela Finocchiaro in stato di grazia dà vita e voce a una lunga teoria di stravaganti personaggi per raccontare una favola di oggi, la favola di una donna che sceglie di non scivolare nell’ordinaria follia del quotidiano, trovando la forza per far emergere la leonessa in grado di neutralizzare il topino grigio e spaurito sempre in agguato dentro ogni donna normale. (Rai.it - Palcoscenico)



Lo consiglio perchè: è un monologo travolgente, ricco, attuale, divertente fino alle lacrime, dove il talento della protagonista riesce persino a rappresentare un’intera folla in rivolta!

24 settembre 2008

LA BEPPA FIORAIA

Un caratteristico ristorante appena fuori le mura...


La Beppa Fioraia è un locale storico rinfrescato da qualche anno da un'impronta giovanile. Lo trovi appena fuori Porta di San Miniato, immerso nel verde di un giardino. Nella luminosa veranda al piano terra sono esposti, tra tavoli colorati, vini rossi e bianchi provenienti da Toscana, Sicilia, Alto Adige, Piemonte, Campania.

Cosa Propone? Ti consiglio di scegliere tra i numerosi "taglieri" che ti permetteranno di gustare salumi tipici toscani e sfiziosi bocconi dal sapore agrodolce o mediterraneo. Ottimi sia i primi con pasta fatta in casa che i secondi di carne. Degni di nota anche i dolci, curati sia nell'aspetto che nel gusto. La Beppa è anche pizzeria con forno a legna ma solo per cena.

Perchè me lo consigli? Il locale si presta bena ad accogliere sia cene romantiche, che ritrovi tra amici, ma se non hai prenotato (ed è possibile anche via e-mail) difficilmente troverai posto.

Che prezzi ha? I prezzi sono contenuti (tra 20 e 30 €) e le porzioni abbondanti. Accetta tutti i tipi di carta di credito.

Quando andarci? Aperto sia a pranzo che a cena.


Info
Via Erta Canina 6R
T. +39 0552347681
www.beppafioraia.it


(MyLG - Firenze in italiano - lightbox)

21 settembre 2008

Un esempio dell'Italia che vorrei: ANNA BONAIUTO

ANNA BONAIUTO. Nasce in Friuli il 28 gennaio 1950 da una famiglia di origine napoletana. Già da bambina decide di fare l'attrice, esattamente quando, durante uno dei tanti viaggi a Napoli, il padre la porta a vedere uno spettacolo al teatro San Carlo. Fedele a questo proposito si diploma a 22 anni all'Accademia d'Arte Drammatica SIlvio D’Amico esordendo a teatro sotto la guida dei più grandi registi italiani. Nel corso della sua carriera, ha lavorato in teatro con importanti registi come Mario Missiroli, Luca Ronconi, Mario Martone, Carlo Cecchi, Toni Servillo.
Nel 1972 debutta al cinema con il film Teresa la ladra di Carlo Di Palma, accanto a Monica Vitti, Stefano Satta Flores, Isa Danieli, Carlo Delle Piane e un giovanissimo Michele Placido.
Mentre l'anno seguente, è nel cast di Film d'amore e d'anarchia, ovvero ‘stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza…' , diretta da Lina Wertmuller. A cavallo degli anni Settanta-Ottanta, Anna collaborerà cinematograficamente in b-movie e film impegnati con Bruno Corbucci, Joe D'Amato, Eriprando Visconti, Luciano Odorisio, Giuliana Gamba, Pupi Avati e Luciano Emmer. Ma è solo nel 1992 che si farà veramente notare per la sua maestria nell'arte della recitazione (affinata con gli anni) in Morte di un matematico napoletano, primo film di Mario Martone, accanto a Carlo Cecchi (che la dirige sovente anche in teatro). È proprio con Martone che la Bonaiuto comincerà un fortunato sodalizio artistico.
Nel 1993, Anna Bonaiuto vince la Coppa Volpi a Venezia come Miglior attrice non protagonista nel film di Liliana Cavani Dove siete? Io sono qui. Il ruolo della madre oppressiva di un ragazzo sordomuto, che si intromette nella storia d'amore del figlio, l'Europa inizia a conoscerla. Ed infatti l’anno seguente, Michael Radford, la dirige ne Il postino, ultimo film di Massimo Troisi, accanto a Philippe Noiret e Maria Grazia Cucinotta. Ritorna come protagonista di un film nel 1995, accanto a Gianni Caiafa, nel film di Martone L’amore molesto: storia di una disegnatrice di fumetti che indaga sul suicidio della madre. Con questo vibrante ritratto di una donna in crisi, si aggiudica il Nastro d’Argento ed il David di Donatello come miglior attrice protagonista, nonché il riconoscimento del grande pubblico italiano e straniero. Ma le collaborazioni con Martone non finiscono: seguiranno I Vesuviani (1997) e Teatro di guerra (1998). Alla fine degli anni Novanta, sarà la prostituta Maddalena che si ribella alla propria situazione sociale in Appassionate (1999) di Tonino de Bernardi, mentre con l’entrata del nuovo millennio veste i panni di una psicologa in Prima la musica, poi le parole (2000) di Fulvio Wetzl. Dalla tv, non si lascia corteggiare spesso e le sue apparizioni in qualche fiction sono molto rare. Il suo ruolo più importante, per il popolo del piccolo schermo, rimane quello affianco a Michele Placido ne “Il sequestro Soffiantini” di Riccardo Milani, accanto a Claudio Santamaria e Tony Sperandeo. Il cinema, ma ancora di più il teatro, sono le sue vere case ed è in quelle che trova la sua dimensione: nei ritratti della madre di Giosuè in La passione di Giosuè l’ebreo (2005) di Pasquale Scimeca e in quelli del pubblico ministero nel controverso Il caimano (2006) di Nanni Moretti. nel 2007 è nel cast di Mio fratello è figlio unico diretta da Daniele Luchetti e L'uomo di vetro di Stefano Incerti ed infine è la moglie di Giulio Andreotti (Tony Servillo) ne Il Divo di P.Sorrentino (2008), premiato con il Premio speciale della Giuria al Festival di Cannes 2008. (IRMA Spettacoli)



Scheda tecnica dell’artista su: DIBERTI&ASSOCIATI snc




[…] Anna la conosco da un sacco di tempo, da quando era una specie di ciclone che travolgeva stereotipi e convenzioni teatrali (e presumo anche qualche regista) rifiutandosi tenacemente di sottomettersi al cliché della Giovane Attrice Drammatica Emergente: non era bionda, sapeva anche (far) ridere, era colta, informata e pensante (alla faccia di Diderot), e voleva tutto. Non ce ne sono mica tante, di attrici italiane che siano riuscite a diventare grandissime protagoniste sia in teatro che al cinema, soprattutto negli ultimi vent’anni. Che siano capaci di passare da un ruolo intensamente drammatico (ve la ricordate in "L’amore molesto", bellissima, con tutto quel dolore negli occhi e quell’unico vestito rosso, dall’inizio alla fine? E l’avete vista, in "La ragazza del lago", dar corpo e voce e sguardo a una donna smarrita eppure felice, immemore del passato, perfettamente innocente, struggente e irraggiungibile?) ad altri più lievi, brillanti o comici o addirittura grotteschi (ah, l’impersonificazione stupefacente di Livia Andreotti ne "Il Divo"…).

Tutto questo senza mai abbandonare il teatro, anzi, lavorando costantemente con i registi e i protagonisti più significativi, fino a trovare una sorta di unione perfetta – il mio è un giudizio da spettatrice, oltre che da addetta ai lavori – con Toni Servillo. Le loro interpretazioni del teatro di Eduardo sono strepitose, ma forse Anna merita ancora una lode in più: perché dopotutto Servillo è napoletano verace, ma lei è nata a Udine – e scusate se è poco. […]



(Lella Costa - Questo talento italiano merita la lode – ANNA n.38 – 25 Settembre 2008)





La consiglio perché: non puoi non amare la sua straordinaria capacità di rappresentare la collettività, attraverso l’umile condivisione delle emozioni, senza mai ripetersi nel calco dell’imposizione di se stessa.





Prossimamente in teatro con

IL DIO DELLA CARNEFICINA
Di Yasmina Reza
Regia di Roberto Andò
Scene di Gianni Carluccio
Costumi di Gianni Carluccio
Luci di Gianni Carluccio
Con in o.a. Anna Bonaiuto, Alessio Boni, Michela Cescon, Silvio Orlando





Trama
Véronique e Michel Houillé, genitori del piccolo Bruno, ricevono a casa Annette ed Alain Reille, genitori di Ferdinando che ha colpito al viso, con un bastone di bambù, il loro figlio in un giardinetto pubblico. Le due coppie hanno deciso di incontrarsi per regolare " l'affare' "con civiltà.
All’inizio, tutti i personaggi sono benevoli e concilianti tra loro, tentano anche di intraprendere discorsi sulla necessità di essere tolleranti che pian piano e poco a poco vanno ad infettarsi e diventerà tutt’altra cosa.
Una straordinaria commedia con un cast d’eccellenza.


Note di Regia
È sempre sorprendente riconoscere in un testo per il teatro scritto oggi, la "musica" del proprio tempo. Specie quando questa "musica" è orchestrata a partire dal soffio insidioso della stupidità, la flaubertiana bètise, ovvero dal geometrico disporsi, nella chiacchiera di due coppie del ceto medio parigino, del luogo comune, del pensiero conforme travestito da originale, comicamente intento a imitarne l’accento.
Ne Il Dio della carneficina di Yasmina Reza c’è una specie di furibondo humour sarcastico, ma anche, come di rado capita d’incontrare, l’abilità cesellatrice di un dialogo in bilico tra commedia e tragedia, ricreato ascoltando il potere micidiale e terribile della parola media, la musicalità e la fraseologia, camaleonticamente irresistibile, della medietà, delle sue vaste e sublimi galassie. Un piccolo trattato morale di teoria della cultura, che sembra voler rispondere – con l’ambiguità tipica del teatro – alla seguente domanda: Le buone intenzioni ci salveranno?
La Reza non sembra avere dubbi, e la sua pièce consegna allo spettatore una risposta, a suo modo, inequivoca: No! Ma, poiché l’autrice scrive testi per il teatro, l’inequivoco scetticismo di questa sua risposta lo mette a servizio di una macchina implacabile, d’irresistibile divertimento. È un testo da mettere in scena cercando di non essere eccessivamente contagiati dal sulfureo cinismo che lo abita, lasciandosi guidare dal preciso e geometrico rincorrersi dei colpi di scena, dall’abilità con cui nel dialogo si aprono nuove, inaspettate, prospettive, che sfumano e svariano, dei quattro personaggi che ne reggono l’ordito, a turno, l’odio, il risentimento, l’invidia, il vuoto, il nulla.
La Reza non sembra credere alle magnifiche sorti e progressive dell’uomo contemporaneo, bene informato, diligente servitore di generiche cause morali, coattivamente alla ricerca, per sé, d’improbabili attestati di civiltà e buone maniere. Riesce così, di quest’umanità, a scovare il sottofondo barbarico, nichilista, meschinamente incapace di condividere un pur minimo progetto comune. Lo fa dandosi il perimetro modesto di un intelligente divertissment, di un intrattenimento contagiosamente divertente, che nella risata sommerge anche lo spettatore, riflesso nello specchio deforme di una condizione in cui molti potranno riconoscersi.
Non ho mai affrontato prima d’ora un testo di questo genere, probabilmente per un sospetto. Diffidavo dell’eccessiva definizione di cui sono relatori i personaggi, dell’eccessiva programmaticità che, in genere, abita questo tipo di drammaturgia dedicata all’oggi. Il teatro mi sembra, infatti, da sempre, inestricabilmente legato alla possibilità vertiginosa di far vacillare le nostre certezze, conducendoci in luoghi ignoti, attraverso una lingua di cui non afferriamo mai del tutto il senso. Assistendo, a Parigi, ad una recita dell’allestimento di questa pièce curato dalla stessa Reza, con un formidabile quartetto di attori tra cui una straordinaria Isabelle Huppert, ho capito che questo testo contiene una sfida, compresa tra l’apparente evidenza di ciò che mostra, e l’efferatezza misteriosa che nasconde. È una sfida che non potrei neanche tentare di raccogliere, se non ci fosse la complicità di interpreti in grado di lottare con il testo, schiudendone la ferocia e quel sottofondo ineffabile che ne costituisce la speciale energia nascosta, l’humus oscuro e spaesante.
Ho deciso di mettere in scena Il Dio della Carneficina per accettare questa sfida, condividendola con quattro attori - Anna Bonaiuto, Alessio Boni, Michela Cescon, Silvio Orlando - che, con la loro personalità eccezionale, mi offrono, ancor prima d’iniziare, il salvacondotto necessario perché questo viaggio sia possibile, e la confortante certezza che, comunque, ne sarà valsa la pena.
(Roberto Andò)



Autore
La scrittrice francese Yasmina Reza (1959), comincia come attrice lavorando in varie spettacoli moderni ma anche in classici come Molière e Marivaux. Nel 1987 scrive la sua prima pièce: Conversations après un enterrement (Conversazioni dopo una sepoltura) con cui vince il Molière Award come migliore autore. Traduce La Metamorfosi di Kafka per Roman Polanski per cui viene nominata per il Molière Award come migliore traduttrice. La sua seconda pièce La traversée de l’hiver (La traversata dell’inverno) nel 1990 vince un altro Molière Award e il successivo L’homme du Hasard (L’uomo del caso) riscuote grande successo in tutta Europa e anche in America. Nel 1994 scrive Art (Arte) il capolavoro con cui vince l’anno successivo un altro Molière Award come migliore autore, il testo viene riprodotto in tutto il mondo e tradotto in più di 30 lingue. Tra i lavori più importanti troviamo: Una desolazione, L’alba la sera o la notte, Uomini incapaci di farsi amare. Nel 2006 arriva Dieu du carnage (Il Dio della carneficina) messo in scena l’anno successivo con la regia di Jurge Gosch vince il Viennese Nestroy-Theatreprize come miglior performance in lingua tedesca dell’anno. Debutta l’anno successivo a Londra con la regia di Matthew Warchus, la traduzione di Christopher Hampton, protagonista Ralph Finnes.




18 settembre 2008

POESIA FESTIVAL ‘08

Da Suzanne Vega a John Giorno, da Kim Rossi Stuart a Ed Sanders: verso Poesia festival ‘08

Dal 25 al 28 settembre la poesia invade i borghi antichi di sette comuni modenesi. Grandi nomi declameranno versi che hanno fatto la storia della poesia: da Giuseppe Conte a Luciano Erba, da Neri Marcorè a Roberto Vecchioni, da Tiziano Rossi a John Giorno e Ed Sanders. Con la partecipazione di Suzanne Vega, Anna Bonaiuto, Carlo Cecchi, Kim Rossi Stuart, Alessandro Preziosi e molti altri artisti. Oltre 30 eventi in quattro giorni.

Poesia per tutti: dalle rime di Dante ai testi della Beat generation, passando per i sonetti di Leopardi e le opere di Shakespeare.

Versi di ogni epoca prenderanno vita, grazie all’interpretazione di poeti, attori, comici, scrittori - che riempiranno piazze, parchi, vie, stazioni della provincia di Modena.

Dal 25 al 28 settembre saranno i borghi antichi di Castelnuovo Rangone, Castelvetro, Savignano, Spilamberto, Vignola (i Comuni dell’Unione Terre di Castelli), insieme a Maranello e Marano ad accogliere Poesia festival ‘08, la kermesse dedicata alla poesia espressa in tutte le forme artistiche.

Promosso proprio dai Comuni dell’Unione Terre di Castelli insieme a Maranello e Marano, Poesia festival ‘08 è realizzato in collaborazione con la Regione Emilia Romagna, la Provincia di Modena, la Fondazione di Vignola, la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena e sostenuto da numerosi sponsors privati. La manifestazione è ideata da Roberto Alperoli, sindaco di Castelnuovo Rangone, con la direzione artistica di Paola Nava e la consulenza di Alberto Bertoni.

Il festival sarà teatro anche quest’anno di una serie di eventi unici: occasioni per conoscere, attraverso interpreti di oggi, le grandi voci della poesia classica e contemporanea, la poesia al femminile, la poesia nella musica, nell’arte, con spazi dedicati a giovani e bambini. Verranno letti testi, recitati e commentati dai maggiori protagonisti del mondo letterario, dello spettacolo, dell’arte, in luoghi dove parole e emozioni si daranno appuntamento con la bellezza del paesaggio.

Si comincerà giovedì 25 settembre alle 18 con Giuseppe Conte e Mariano Deidda che canterà i versi di Pessoa, si terminerà domenica 28 con letture di Neri Marcorè. Nel corso della manifestazione avrà ampio spazio anche la musica, con un’ospite d’eccezione: Suzanne Vega, che intratterrà il pubblico con un incontro-concerto proprio sul tema della poesia (sabato 27 settembre alle 22, Castelnuovo Rangone). Tra i cantautori italiani Roberto Vecchioni darà il proprio contributo presentando le sue poesie (domenica 28 settembre alle 19.30, Savignano).

Non mancheranno attori famosi, tra cui Alessandro Preziosi con un omaggio a Cesare Pavese in prima nazionale (giovedì 25 settembre alle 21.30, a Levizzano di Castelvetro), Kim Rossi Stuart con un recital dedicato a Shakespeare (sabato 27 settembre alle 20.30, Maranello), Carlo Cecchi (con Marco Santagata sabato alle 18.30, Vignola), Anna Bonaiuto (domenica 28 settembre alle 18.00, Spilamberto).

È prevista, poi, una serata dedicata ai poeti della beat generation con John Giorno, Ed Sanders, Antonio Bertoli e Marco Parente.

Forte del successo della scorsa edizione, che ha registrato oltre 15.000 presenze, al suo quarto anno di vita Poesia festival ‘08 conferma il fortunato mix di grande poesia e grandi declamatori e stabilizza i rapporti internazionali, rilanciando contemporaneamente la formula di festival diffuso con un ampio programma che abbraccia tutto il territorio dei ben sette Comuni organizzatori.

In questo senso Poesia festival ‘08 vanta la collaborazione con “Printemps des Poetes” - il festival europeo di poesia il cui direttore, Jean Pierre Simeon, sarà ospite del Poesia festival - e con il “Festival Internazionale di poesia di Granada - Federico Garcia Lorca”, prestigioso premio poetico iberico.

Dai borghi antichi dei sette Comuni si compirà una gradevole passeggiata nei luoghi dell’immaginario poetico di tutti i tempi, sotto le mura di Rocche e Castelli, nelle piazze medievali, lungo le ciclabili che solcano la campagna. (Poesia festival ‘08)

17 settembre 2008

VIA DA FREEDONIA


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Teatro di Rifredi

14 settembre 2008

Stregata Dalla Luna a “tutto tondo”… o quasi!

  • Mese: Maggio
  • Colore: indaco
  • La stagione: autunno
  • Scrittore: Lucio Anneo Seneca - Marguerite Yourcenar
  • Il viaggio nel cassetto: Messico
  • Il viaggio più bello: Turchia
  • Il poeta: Giovanni Pascoli - Sylvia Plath
  • Il relax: il mare d'inverno
  • Il film dell'anno: "Il Divo" di Paolo Sorrentino
  • Il comico: Antonio De Curtis
  • Il regista: Ferzan Ozpetek
  • La perfezione: un'edizione, di qualche anno fa, de "La brocca rotta" di Heinrich von Kleist, diretta da Cesare Lievi ed interpretata da Franca Nuti e Giancarlo Dettori.
  • L'attore: Toni Servillo – David Coco
  • L'attrice: Anna Bonaiuto – Angela Finocchiaro
  • Pittura: i fiamminghi
  • L'energia: il sorriso delle persone che amo
  • La creatività: Keith Haring
  • La classe: Audrey Hepburn
  • La voce: Mina
  • Il brano di ieri: "La vie en rose" (Edith Piaf)
  • Il brano attuale: "A te" (Jovanotti)
  • Amo: la musica classica ed operistica (ma strizzo l’occhio anche al buon Jazz!), il teatro, i vecchi film in b/n, gli anni ’50, i viaggi in auto con gli amici, Parigi, sgranocchiare pistacchi, le persone ironiche, il mare d’inverno, i fumetti di "Dylan Dog", il tè alla cannella e, come la maggior parte delle donne, chiacchierare!
  • Odio: l’ipocrisia
  • Pregio: l’umiltà
  • Difetto: l’incapacità di osare quanto vorrei
  • L'auto: la mia "Picanto" gialla
  • Recente cimelio: un vecchio cappello di mio nonno e la sua collezione di foto di una famosa compagnia teatrale degli anni ‘50/’60.
  • Un sogno (assolutamente irrealizzabile): Anna Bonaiuto che legge per me, soltanto per me
  • Un desiderio (assolutamente realizzabile): un viaggio, in compagnia dei miei affetti più cari

5 settembre 2008

Per gustarsi un po’ d’arte…











1 settembre 2008

Ona, ona, ona, ma che bella rificolona!!!


Il 7 settembre, per il calendario liturgico vigilia della natività di Maria, l'Amministrazione Comunale organizza la `Festa della Rificolona', autentica ed originale festa fiorentina ancora sentita, tradizione popolare di antico folklore.

Ma a quando risale l'origine di questa festa che conserva e tramanda fra i ragazzi di Firenze l'uso di portare in giro quei lampioncini di carta colorata, modellati nelle forme più varie e bizzarre, con tanto di lumicino all'interno, appesi in cima ad una canna? Con tutta probabilità alla metà del Seicento, ed è da ricollegare all'arrivo in città di tanti contadini e montanari che, con le loro donne, provenienti sia dal vicino contado che dalle zone più impervie del Casentino e della montagna pistoiese, venivano in città per festeggiare la natività della Madonna nella Basilica della Santissima Annunziata, ancor oggi famosa in tutto il mondo cattolico per l'antica, miracolosa e venerata immagine della Madonna madre di grazie, divenuta la rappresentazione più diffusa e più copia ta del mistero dell'Annunciazione.

Oltre ad essere spinti dal devoto pellegrinaggio, quella simpatica gente approfittava dell'occasione per venire a vendere la propria mercanzia alla fiera-mercato che si svolgeva l'indomani sulla piazza antistante la basilica, in via dei Servi e nelle loro immediate adiacenze. Per poter trovare, però, un buon posto che consentisse un sicuro e totale smercio dei filati, pannilini, funghi secchi e formaggi che avevano portato, questi coloni partivano dalle loro abitazioni molto tempo prima e, nella notte, si rischiaravano l'insicuro cammino con lanterne di varia forma appese in cima a bastoni, canne o pertiche. E proprio con queste multicolori lanterne di carta o tela, aperte in cima per consentire alla candela o al sego dello scodellino di bruciare, giungevano a Firenze la sera prima della fiera, bivaccando la notte nei chiostri della Chiesa della Santissima Annunziata e sotto i loggiati dell'omonima piazza dove, alla tremula luce dei loro lampioncini, cantavano laudi alla Vergine finché, a tarda notte, non arrivava il sonno ristoratore. Questi stanchi pellegrini a volte non riuscivano però a chiudere neppure un occhio per il fracasso fatto dalle brigate dei giovani fiorentini che si riversavano nella piazza, divertendosi un mondo alle spalle dei campagnoli con una sfrenatezza indisciplinata che spesso rasentava l'insolenza. I contadini borbottavano, brontolavano, subivano ma in cuor loro si riproponevano di mettere tutto sul conto dei profitti l'indomani mattina alla "Fiera della Nunziata" rincarando adeguatamente i prezzi della mercanzia. La gente del contado, goffa ed incerta nel camminare, anche perché carica di prodotti contenuti in ingombranti ceste e panieri e scioccata dall'impatto con la città, vestiva in modo rustico e certamente non doveva essere un modello di eleganza e di buon gusto. Le donne, specialmente, erano oggetto di particolari e allegre canzonature e di salaci commenti da parte dei giovani fiorentini, già per natura predisposti al frizzo e allo scherzo. Per questi giovani, il 7 settembre, era diventato un appuntamento obbligato al quale non si poteva e non si doveva mancare; le strane fogge dei ruvidi vestiti indossati dalle brave e inesperte campagnole, dai larghi fianchi e dagli abbondanti seni e posteriori, provocavano allusioni, dileggio e quindi matte risate. Era un divertimento, a volte, smodato, diretto quasi totalmente alle povere "fierucolone" o "fieruculone" come essi così le chiamavano, sia perché partecipavano alla "fierucola" e sia per i loro vistosi deretani. Infatti se la radice "fiero" ha attinenza con fiera o fierucola, la desinenza "colone" o "colone" dovrebbe oggettivamente riferirsi a colone in quanto di campagna o, piuttosto, ai loro floridi posteriori.

Da "fieruculona" si ebbe in seguito, per corruzione, la parola "rificolona" che tuttora si usa comunemente quale espressione critica, allegra e scanzonata verso una donna vestita e truccata senza gusto, in modo vistosamente eccentrico.

Con l'andare del tempo, per l'appuntamento notturno del 7 settembre, in città, per dare un tono più fantasioso e canzonatorio a quella che era divenuta una vera e propria tradizione, si cominciarono a costruire lanterne, ispirandosi a quelle dei contadini ed alle forme delle loro donne, raffiguranti appunto goffe figure femminili con un lume sotto la sottana, appese a lunghe canne e portate in giro con gran baccano di campanacci, sibili (emessi con certi fischietti di coccio che assordivano), urla e motteggi vari. In queste pittoresche e confusionarie scene popolari, veniva cantata e ricantata la caratteristica cantilena nona, ona, ona ma che bella rificolona...", immortalata anche dal commediografo fiorentino Augusto Novelli nella famosa commedia musicale in vernacolo `L'acqua cheta', divenuta popolare come l'altrettanto popolarissimo stornello rimasto in uso fino ai nostri giorni, cantato in allegria da grandi e piccini durante la festa. Un'altra tiritera, quasi dimenticata, diceva: "Bello, bello, bello, chi guarda 1'è un corbello".

Al colmo del baccano succedeva poi che alcuni gruppetti di giovani tirassero bucce di cocomero contro le rificolone per farle incendiare, cosa che si verificava immancabilmente dato il materiale infiammabile col quale venivano fabbricate. Con questa spietata caccia alle rificolone, la festa, dopo la mezzanotte, volgeva al termine, con la tacita intesa che l'anno dopo avrebbe nuovamente allietato la sera del 7 settembre.

La festa anche ai nostri giorni continua a vedere protagoniste le rificolone, anche se la loro forma non è più quella di una volta. Dalle classiche sagome delle goffe montanine si passò poi a raffigurare fette di cocomero, mezzelune, fanali, che molto spesso gli stessi ragazzi realizzavano con carta colorata su un telaio di stecche di canna e fil di ferro. Adesso il "fai da te" non è quasi più di moda, e "l'acquista e getta" ha dato mercato alle rificolone cinesi d'importazione e a quelle più sofisticate rappresentanti aerei, missili e personaggi tipici dei fumetti, costruite industrialmente. Comunque, comprati o no, i lampioncini variopinti si vedono ancora appesi un po' ovunque, alle finestre dei palazzi, nelle case popolari, sui lungarni e per le strade dove risuona sempre l'antica cantilena di "ona, ona...> , e si consumano i consueti incendi delle rificolone, provocati non più da smodati lanci di bucce di cocomero ma da precisi tiri effettuati con raffinate cerbottane. Negli anni Cinquanta questa pittoresca festa fiorentina si svolse anche sull'Arno e precisamente a monte del fiume, nel tratto fra Bellariva e la pescaia di San Niccolò. Si assisté così alla sfilata delle "rificolone in edizione fluviale": allegorie in cartapesta su maestosi barconi infiorati e illuminati da centinaia di multicolori lampioncini di carta che scivolavano lenti sull'acqua assieme a piccole barchette amorevolmente artigianali, riscuotendo, nel breve viaggio, applausi dall'una all'altra riva.

Attualmente la festa vive di nuovo vigore sia sul fiume che sulla terra ferma grazie ad un impegno organizzativo che richiede tantissima passione ed un costante lavoro nell'assoluto rispetto della tradizione. Tradizione che contribuisce a far amare Firenze anche dai forestieri che quando si allontanano dalla nostra città portano in cuore un po' di nostalgia che induce al ritorno. Nostalgia dei colli, dei lungarni, delle Cascine, delle piccole stradine medievali ma soprattutto nostalgia dei fiorentini che rimangono, pur con il loro "interno" fazioso stile, nell'animo dei forestieri come un popolo schietto, genuino, dalla battuta sempre pronta e salace, dall'intuito sottile e, soprattutto, intimamente legato alla propria storia alle quale non vuole rinunciare. (Rete Civica del Comune di Firenze)





Per informazioni:
Comune Firenze
Tel.: 055 276 9616/17
P.O. Manifestazioni sportive, tempo libero e tradizioni popolari fiorentine
Responsabile: Enrico Palandri
Tel.: 055 2616050