30 giugno 2008

LA PRIMA COSA BELLA

24 giugno 2008

SAN GIOVANNI

Alcuni proverbi e modi di dire sul giorno di San Giovanni

"San Giovanni non vuole inganni".
Il detto si riferisce all’effigie del Santo Patrono raffigurata sul Fiorino, la moneta coniata a Firenze (d'argento dal 1235 e d'oro dal 1252), dietro il Giglio, rendendo il Protettore della città garante della lega metallica di cui é composta la moneta, che doveva contenere esattamente 3,54 grammi d’oro.

"Per le guazze di San Giovanni si miete".
"La rugiada della notte di San Giovanni facendo di molto temere i contadini, procurano quando possono di mietere il grano prima ch'essa giunga" (Placucci)

"A San Marco nato, a San Giovanni assettato".
Il proverbio si riferisce ai bachi da seta che alla fine di giugno salivano nel bosco per fare il bozzolo.

"La notte di San Giovanni entra il mosto nel chicco"
E' una credenza diffusa, riportata in molti dialetti. In questo periodo comincia la formazione degli zuccheri nel chicco d'uva. Gli zuccheri fermenteranno nel mosto dopo la vendemmia.
La festa di San Giovanni "fu particolarmente sentita in passato: era considerata il Natale dell'estate e connessa al ciclo solare come la nascita del Signore. Per questo si collega sovente ad antichi culti solari: nella notte si crede che avvengano strani prodigi e meraviglie suggerite dalla fantasia del solstizio solare. Si accendono fuochi, si fanno veglie, ecc" (C. Lapucci, A. M. Antoni: I proverbi dei mesi).

"Per San Giovanni si svellon le cipolle e gli agli"
Le cipollle e gli agli sono da raccogliere, siamo alla fine di giugno.

"A San Giovanni l'alveare spande,a San Martino l'alveare è pieno".
Con l'estate le api sciamano e tornano per il freddo. San Martino è l'11 novembre.

22 giugno 2008

Il teatro...

20 giugno 2008

PASSAPORTO ALL'IRANIANA


Di Nahal Tajadod
EINAUDI
€ 15,80



Traduzione di Camilla Testi

A Teheran, per rinnovare il passaporto bisogna fare quarantotto ore di coda e attendere un mese. Chi non vuole aspettare, si affida a chi ha fatto dell'arte di arrangiarsi una filosofia di vita. Anche Nahal, la protagonista del romanzo, compie questa scelta: entrerà così in contatto, in un crescendo di situazioni esilaranti, con un'infinità di personaggi sorprendenti e imprevedibili che con uno slancio di filantropia, o con un gesto di corruzione, cercano di portarla alla meta agognata.

Vuole tornare a Parigi, dove da molti anni ormai vive, l'iraniana protagonista di questo romanzo. Ma deve rinnovare il passaporto, operazione per cui, anche in Iran, come in ogni paese del mondo, sono necessarie delle fotografie. E proprio nell'atelier Ecbatana ha inizio l'epopea di Nahal, costretta dapprima a sottostare alle severe norme islamiche in fatto di ritratti e poi, assistita da un medico legale che baratta organi e che afferma di avere gli agganci giusti, affrontare la folle macchina burocratica dell'Ufficio centrale dei passaporti di Teheran.
Nella sua avventura non sarà però sola, perché con il passare dei giorni, dodici in tutto, il medico intrallazzatore sarà affiancato da un numero infinito di persone che, con motivazioni più o meno filantropiche, si mobilita per aiutarla. Portinai, taxisti, traduttori, burattinai, dietologi, amici, tecnici televisivi, domestiche (e loro figli oppiomani), tenutarie di bordelli, parenti di primo, secondo e terzo grado, insomma mezza Teheran consiglia, critica, offre tè e accetta caffè (francese), corrompe e si fa corrompere, talvolta recita le poesie di Rumi, immancabilmente intavola ta'orof, gli infiniti convenevoli che regolano i rapporti sociali fra gli iraniani.
Nahal Tajadod rappresenta con un ritmo serrato e molto senso dell'umorismo la vita quotidiana nel paese dei mullah, collocando al centro del romanzo gli abitanti di Teheran con le loro storie minute ma ricche di poesia e umanità. (EINAUDI)


«Passaporto all'iraniana ci racconta gli iraniani da una nuova prospettiva. È un libro pieno di ironia e di affetto.» (Azar Nafisi, autrice di Leggere Lolita a Teheran)


Lo consiglio perché: annulla l’mmagine cupa della società iraniana, che i nostri media ci rimandano e ci mostra una città “che resiste”, grazie alla solidarietà e alla complicità tra i cittadini.

15 giugno 2008

Una frase di Andreotti (Toni Servillo) nel film Il divo di Paolo Sorrentino. Che dice tutto. E niente.

“La verità no; è la fine del mondo. E noi non possiamo consentire la fine del mondo per una cosa giusta. Abbiamo un mandato divino. Bisogna amare così tanto Dio per capire quanto sia necessario il male per avere il bene. Questo Dio lo sa. E lo so anch’io”. C.T.

Fonte: ANNA n.24 - 19 GIUGNO 2006

10 giugno 2008

IL FASCIOCOMUNISTA


Di Antonio Pennacchi
MONDADORI
€ 17,00


Accio Benassi nel 1962 ha dodici anni. È in seminario. Deve farsi prete. Quando c'è entrato sognava di diventare missionario ed essere mangiato dai cannibali. Ma adesso s'è stufato, vuole tornare a casa, a Latina. Lì però non lo accolgono con la banda, come si aspettava lui. In famiglia sono troppi e non c'è spazio: sette tra fratelli e sorelle, più padre operaio e madre manesca. Rompe gli equilibri, comincia a litigare con tutti e diventa, appunto, Accio, il disturbatore della quiete. Scappa di casa, non va più a scuola, s'iscrive al Msi. Gira con la catena sotto l'impermeabile, entra ed esce dalla questura. Non riesce ad avere una donna, conosce una ragazza di Milano e se ne innamora. Lo espellono dal Msi, entra nel Movimento Studentesco, partecipa alle prime occupazioni all'università, diventa maoista. Accio Benassi è un personaggio come da tempo non se ne vedevano nella letteratura italiana: ribelle, attaccabrighe, goffo, innamorato, illuso, ingenuo, disubbidiente, sentimentale, arruffapopoli. (Mondadori)


Lo consiglio perché: il ritmo incalzante e la scrittura secca, infarcita di espressioni dialettali, la miriade di personaggi raccontati con umanità ed ironia, lo rendono uno dei migliori romanzi di questi ultimi anni.

5 giugno 2008

Le Frasi Celebri di Giulio Andreotti

  • A pensar male del prossimo si fa peccato, ma ci si indovina.
  • Il potere logora chi non ce l’ha.
  • Il vero giudizio viene dal basso.
  • Non ho vizi minori.
  • Mi dicono che quando gli riferivano di un sacerdote in crisi, Pio XI domandava come si chiamasse la signora.
  • Mi permetta Santità ma lei non conosce il Vaticano.
  • La cattiveria dei buoni è pericolosissima.
  • Ho la coscienza di essere di statura media, ma se mi giro attorno non vedo giganti.
  • Ho il vantaggio di appartenere sia al Vecchio che al Nuovo Testamento.
  • Io non ho programmi personali, ma aspirazioni. Anzi, una sola aspirazione: quella di morire in grazia di Dio, il più tardi possibile.
  • Le sentenze dei giudici non si discutono. Si appellano.
  • La dittatura più difficile a odiarsi è la propria.
  • Spiegare l’Italia agli stranieri non è sempre facile. Dai noi i treni più lenti si chiamano accelerati e Il Corriere della Sera esce al mattino.
  • A parte le guerre puniche mi hanno attribuito veramente tutto.
  • Non bisogna mai lasciare tracce.
  • È stato giustamente detto che l’italiano che ha realizzato di più fu Cristoforo Colombo che non sapeva dove andava ed ignorava dove fosse arrivato. Non è un esempio da imitare ma forse una ragione di conforto.
  • Se è vero che un cristiano deve porgere l’altra guancia, è anche vero che il Signore, con molta intelligenza, di guance ce ne ha date soltanto due.
  • Non ho mai creduto che sia possibile distinguere gli uomini in due categorie, angeli e diavoli. Siamo tutti medi peccatori.
  • Sappiamo dal Vangelo che quando fu chiesto a Gesù che cosa fosse la verità, lui non rispose.

Fonte: Lucky Red Film e Cinema

3 giugno 2008

Onore al merito…











Ci ha creduto...
Ci ha messo del suo...
Ha dimostrato di saper perdere...

... magari ha già in serbo la "rivincita"!?


1 giugno 2008

A Napoli